Il buio oltre la DAD. Una riflessione semiseria
«Prof, mi dispiace ma non mi funziona la webcam, è un problema?»
«No, assolutamente, figurati, è così stimolante fare lezione a un quadratino nero sullo schermo, anzi nel caso dovessi riuscire ad aggiustarla, rompila di nuovo, te ne prego».
Le giornate di un insegnante alle prese con la DAD non sono facili. Non sono probabilmente facili neanche quelle degli alunni, ma qui si parla di noi, lasciateci dunque la scena.
Ogni mattina un insegnante si sveglia… e sa che dovrà combattere con problemi all’audio, schermi che si bloccano, video in streaming che non partono, interrogazioni stentate e talvolta ai limiti della fantascienza.
Ogni mattina consultando le notifiche si accorgerà che sempre lo stesso alunno non ha consegnato i compiti sulla piattaforma online, una cosa che non fa da tre mesi, e viene quasi il dubbio che in fondo non lo faccia di proposito, forse lo hanno rapito gli alieni e lo hanno sostituito con un ologramma. Ecco, ora si spiega perché non funziona la webcam: l’ologramma non vuole essere scoperto.
Ogni mattina un insegnante cattolico prega di riuscire a mantenere salda la rotta nonostante la DAD, acronimo malefico di sicura provenienza demoniaca che sta ad indicare la “Didattica a distanza”.
Che strana cosa, la Didattica a distanza.
Che strana cosa vedere gli alunni attraverso uno schermo, alunni che spiccano a mezzobusto (o inquadrati in maniera parziale e futurista) sullo sfondo degli angoli della casa che scelgono per seguire le lezioni; angoli che possono variare dal soggiorno alla camera da letto (con annesso letto sfatto).
Spesso non ti seguono, e fin qui nulla di strano, non lo facevano neanche in classe; ma c’è una differenza: se in aula la distrazione era un incidente (più o meno colposo), con la DAD evitare questo incidente è diventato roba da superuomini. L’alunno infatti non ha più bisogno di costruire bastioni antiprof con libri e dizionari, di nascondere i disegni sul quaderno, di fingere un’espressione attenta con notevole sforzo recitativo… Nascosto dietro lo schermo nessuno può colpirlo. Certo, non con il lancio del gessetto – non si poteva neanche prima – ma ormai nemmeno i più spirituali poteri sanzionatori del voto e della nota sul registro sono in grado di fare da argine a quel (per niente) “buon” selvaggio che cerca di venir fuori da ogni preadolescente, se costui, per compiere l’ardua opera dell’apprendimento, è sottratto all’ambiente scolastico e lasciato nel suo ovattato habitat: la cameretta.
E qui, va detto, entrano in gioco le responsabilità di chi, nella famosa stanza dei bottoni, finisce kafkianamente per premere sempre quello sbagliato. Eh sì, perché ormai ha definitivamente preso piede – come negarlo? – la persuasione della promozione garantita.
Bisogna dunque che l’insegnante salpi per i lidi dell’estrema spes, verso i porti evanescenti del senso del dovere. Un vero azzardo credere fermamente in tale chimera, costituita dai frammenti delle speranze di insegnanti e genitori uniti a palline di zucchero filato, un soffice e colorato essere mitologico che purtroppo ha lo stesso difetto di tutti i suoi simili: non esiste.
Se i ragazzi nascessero responsabili, non ci sarebbe alcun bisogno di professori, di istituzioni scolastiche, di note sul registro, di punizioni. Le scuole di questo mondo fatato sarebbero piene di bambini obbedienti, ansiosi di scoprire la poetica di Pirandello, impazienti di declinare sino allo sfinimento l’aoristo passivo dei verbi irregolari, commossi alla sola visione di un’opera del Bernini, fenomenali nel risolvere equazioni di secondo grado mentre contemporaneamente suonano il flauto.
La DAD abbandona il ragazzo davanti al suo schermo e gli dice: “veditela da solo”. Priva gli insegnanti di uno strumento fondamentale della didattica, ovvero la propria presenza fisica, confondendo la dimensione pubblica e privata della vita di ciascuno di noi. Così, un alunno può assistere alla lezione in pigiama, sul divano di casa sua, mentre chatta indisturbato con i suoi amici, e il professore è solo una voce impotente lontana anni luce, anche lui sperduto nella sua stanzetta mentre tenta invano di trasmettere un briciolo di sapere ai ragazzi lontani, con le occhiaie che si fanno ogni giorno più profonde e gli occhi stanchi a furia di scrutare lo schermo del computer. La speranza, sempre ultima a morire, è di rivederci a settembre per l’inizio di un nuovo, classico, tradizionalissimo anno scolastico in carne e ossa. Per ora, ahinoi, la DAD è tratta.