La Cattura di Cristo di Caravaggio

Cattura di Cristo - Caravaggio
Per la rubrica artistica della Scuola San Pancrazio
Dove lo sguardo trova quiete

 

In questo tempo quaresimale e nell’approssimarsi della settimana santa, è opportuno ripercorrere i momenti della Passione di Nostro Signore anche attraverso l’arte che può essere sicuramente di aiuto nella riflessione e nella contemplazione di questi misteri. Un quadro poco conosciuto ma estremamente evocativo è la Cattura di Cristo, dipinto da un giovane Michelangelo Merisi. La tela, ora conservata in Irlanda, è stata dipinta nel 1602; commissionata da Mattei, come regalo al fratello cardinale, è quindi un quadro per una dimensione privata.

La tela ci racconta il momento dell’arresto di Cristo avvenuto nell’orto del Getsemani: il racconto pittorico dell’episodio del Vangelo è svolto da Caravaggio in un’atmosfera di oscurità quasi totale. Al centro della scena un groviglio di figure, si riconoscono i soldati con le loro armature, si nota Giuda che quasi con malagrazia prende Gesù per le braccia e in un abbraccio turbinoso lo consegna; questi corpi dei soldati e lo stesso corpo di Giuda sembrano davvero come un macigno che pesantemente grava sul corpo di Gesù, che con sguardo basso e mite si lascia trascinare via in malo modo. Egli si abbandona al traditore con un’intensità straordinaria che il pittore ci rende attraverso il sapiente gioco pittorico delle mani intrecciate e basse, mani arrendevoli che non intervengono nemmeno a scansare, in un meccanismo di istintiva difesa, tutto quel peso che Gli grava addosso.

Alla sinistra estrema della tela un giovane, uno dei dodici che possiamo identificare forse con Giovanni, gridando corre via, spaventato e atterrito da quello che sta succedendo; anche qui protagoniste le mani, in alto con le palme ben aperte a scacciare l’orrore e la paura e nello stesso tempo tese al Cielo come a supplicare un intervento divino che sembra non arrivare.
Sulla destra invece compare un altro personaggio, un giovane uomo, con una lanterna in mano che spinge nella mischia a cercare di illuminare quel volto mite e buono travolto dalle manacce dei soldati; quel volto è il volto dello stesso Caravaggio, e sono emblematiche anche qui le mani, anzi la mano che tiene in alto la lanterna, atteggiata nello stesso gesto che si usa per tenere il pennello per dipingere.

Caravaggio si è inserito in questa tela come ulteriore protagonista dell’hic et nunc, Caravaggio è li in cerca del Signore e lo vede, asserragliato da Giuda il traditore e dai soldati, eppure continua a guardarlo, non si ritrae come l’apostolo impaurito ma sembra invece cercare gli occhi di Gesù come a trovare una risposta all’evento concitato.

Caravaggio si fa presente all’arresto di Nostro Signore perché la sua idea è che ciascuno di noi sia stato presente in quella notte “disgraziata” e al contempo foriera di tanta grazia, necessaria al nostro riscatto. Caravaggio cerca, dunque, di illuminare quel buio tremendo, quella disperazione, quella violenza per rispondere anche al suo dramma umano e al suo bisogno di comprendere quello che accade per non lasciarsi prendere dalla disperazione.

Per vedere cosa accade però non basta la luce della piccola lanterna, e allora arriva una luce soprannaturale che il pittore incentra tutta sul volto del Cristo, un volto che cattura lo spettatore per la sua estrema arrendevolezza nonostante la brutalità cui è sottoposto: si nota bene infatti la mano di Giuda come stringa con forza il braccio del Cristo e come quasi lo strattoni per baciarlo e quindi indicare in Lui l’uomo da arrestare.

Come nel classico modus di Caravaggio, oltre ai giochi luce, i giochi cromatici: il rosso della veste di Gesù, rosso che prefigura la Passione ma che indica anche l’umanità, il drappo altrettanto rosso che sembra avvilupparlo dalla testa, più cupo, cromaticamente indice dell’imminente spargimento del Suo sangue, drappo che sembra la tunica porpora della scena dell’ecce homo; e poi il mantello celeste, che racconta la dimensione soprannaturale e che sembra scivolare a terra nel momento concitato a raccontare quindi la Divinità del Cristo che si mette in ombra in favore della volontà del sacrificio della morte di croce.

Di nuovo, in proposito della presenza del Caravaggio nel giardino (giardino che il pittore non ha nemmeno raffigurato): il pittore è l’uomo che cerca il volto del Signore, l’uomo che nelle tenebre della vita, del peccato, assiste all’arresto del mite agnello nelle tenebre, ma non può farne a meno; e la luce della piccola lanterna è la luce che scende dal mondo soprannaturale a illuminare la tetra scena; la lanterna è la Grazia che Dio dona a tutti, per trovarLo e possederLo e avere la forza di non fuggire come invece fa il discepolo disperato.

Di fronte a questo quadro non possiamo che augurarci di avere la forza, in questi tempi, di custodire la nostra lanterna, con coraggio tenerla accesa e tenerla ben in alto a cercare il Suo Volto, perché dopo le tenebre del Getsemani, dopo la Passione, ritorni la luce sfolgorante della Resurrezione.