Recensione: Le lettere di Berlicche

Le lettere di Berlicche
Per la rubrica letture della Scuola San Pancrazio
L’angolo letterario
Le lettere di Berlicche – Clive Staples Lewis (1942)
Età di lettura: dai 13 anni

Berlicche, un giovane diavolo tentatore alle prime esperienze, scrive una serie di lettere a suo zio Malacoda, vecchio demone di una certa esperienza, per chiedergli dei consigli sul modo di portare alla perdizione il suo “paziente”. Perdere un uomo non è mica tanto facile: la concorrenza di Colui che non può essere nominato è spietata, e non appena uno crede di essere riuscito nella sua impresa, ecco che deve ricominciare tutto daccapo…

L’opera è strutturata sotto forma di romanzo epistolare, anche se le lettere riportate sono soltanto le risposte di Malacoda, da cui riusciamo a desumere le domande e i dubbi di Berlicche. Dalla serie di lettere ci facciamo anche un’idea più chiara del giovane “paziente”: un ragazzo normalissimo, come tanti, con difetti e problemi assolutamente banali, i quali tuttavia sono per i due demoni altrettante buone occasioni per spingerlo sulla via della perdizione. Il punto di vista sulla sua vita è naturalmente quello del diavolo custode, per il quale tutte le buone azioni o le preghiere recitate dal paziente sono altrettante sonore sconfitte. Il punto di forza del romanzo è la particolare impostazione che permette a chiunque di immedesimarsi nel personaggio e di riflettere attraverso il racconto sulle sue proprie contraddizioni, debolezze e piccoli vizi apparentemente innocui.

Con sottile ironia e una buona dose di humor inglese, Lewis riesce a trascinare il lettore nel mondo rovesciato governato da «Nostro Padre che sta Laggiù», un mondo di diavoli custodi la cui prima cura è perdere le anime per popolare il mondo infernale di nuove vittime.

Perché la cosa che più teme il demonio è senza dubbio che si rida di lui…